[Anche pubblicato con il titolo nel (también publicado con el título en) 1980: Dieci racconti; nel 1990 y 2012: La pianura in fiamme]
«A volte ti viene da pensare, su questa strada senza limiti, che non ci sarà niente dopo; che non si potrà trovare niente laggiú, in fondo a questa piana rigata da crepe e torrenti in secca. E invece sí, c'è qualcosa. C'è un paese. Si sente che latrano i cani e si sente nell'aria l'odore del fumo, e si assapora quest'odore di gente come fosse una speranza». Juan Rulfo, La pianura in fiamme.
Pubblicato nei Nuovi Coralli Einaudi nel 1990, La pianura in fiamme torna in libreria in una nuova edizione ritradotta da Maria Nicola. Una raccolta di racconti in bilico tra verismo e sogno, tra la realtà del Messico post-rivoluzionario e l'atmosfera onirica che circonda personaggi che sembrano poter dialogare davvero solo con i propri fantasmi. «Quanto ai temi - scrive Ernesto Franco nella prefazione al volume -, Rulfo sembra Borges: non ci sono altro che tre temi dall'inizio dei tempi: l'amore, la vita e la morte», temi che incontriamo seguendo uomini che sopravvivono senza un'idea di futuro, di storia o di speranza, muovendosi in scenari quasi mitologici, fatti di altopiani desertici, pioggia e sole intollerabili. Come in Pedro Páramo - uscito nel 1955, due anni dopo la pubblicazione di questo libro - Rulfo racconta l'universale «attraverso un massimo di fedeltà alla radice del reale»: eventi precisi e definiti, che nascondono un significato che va ben oltre quanto è concretamente mostrato. Un libro che ha gettato le fondamenta del realismo magico ispano-americano e che ha contribuito alla consacrazione di Rulfo tra i massimi autori del Novecento.
«Certo, l'altopiano, le zone desertiche, i piccoli paesi sperduti o addirittura abbandonati. (...) Tuttavia non sono questi gli elementi che caratterizzano essenzialmente i racconti, bensì la meteorologia. Il sole intollerabile, la pioggia, il vento. In racconti come È che siamo tanto poveri (pioggia) oppure Luvina (vento), ma anche in tutti gli altri, la meteorologia vince ogni cosa. Non c'è altro elemento del paesaggio che sappia resisterle, non c'è opera dell'uomo che le si possa opporre. Pioggia e vento, gli elementi più effimeri e impalpabili del paesaggio, diventano incarnazioni di un destino comune anch'esso evocato con la minuscola, concretamente, tutto su questa terra. La meteorologia è il vero paesaggio dei racconti. E anche qui, Rulfo, fingendo un gesto massimo di realismo, porta i suoi racconti a liberarsi di storia e cronologia per creare un paesaggio universale della condizione umana». (dalla prefazione di Ernesto Franco)