(pubblicato anche come: I lampi di agosto)
«Un romanzo che rappresenta in chiave satirica eroico-burlesca un mondo che molti scrittori messicani avevano presentato in forma epica» (Italo Calvino). Le memorie immaginarie di un generale dell'ultima fase della rivoluzione messicana.
Nel 1964 a Cuba tra i giurati che premiavano questo romanzo del messicano Ibargüengoitia - sua opera prima narrativa - vi era Italo Calvino, che motivava: «Un romanzo che rappresenta in chiave di satira eroico-burlesca un mondo che molti scrittori messicani avevano già presentato in forma epica» e subito dopo aggiungeva: «Il momento della satira è sempre un momento di maturità». I lampi di agosto racconta le imprese di un generale durante l'ultima fase (1928-29) della rivoluzione messicana, quando ormai le folgori di speranza e i fermenti rivoluzionari di popolo, accesi nel 1910 da Pancho Villa ed Emiliano Zapata, sono un ricordo lontano, e in primo piano sono balzate maschere e caricature di generali che si disputano un potere rischioso ed effimero. Josè Guadalupe Arroyo, il protagonista narratore, è una di queste maschere, e Ibargüengoitia finge che gli abbia affidato uno dei numerosissimi memoriali che i suoi pari in carne e ossa dopo la rivoluzione avevano realmente lasciato per giustificarsi con la millanteria o vendicarsi con lo scandalo. Niente eroismo o gloria, e nemmeno più un senso visibile della storia, solo generali scalcagnati, sbornie di retorica e baruffe da osteria. Con quell'effetto di satira matura, perfino nell'epigrafe, in cui il gioco della parodia corre sul filo del «troppo vero per essere vero» ed eleva a parabola generale un romanzo che reca sul fondale fatti e personaggi reali mescolati alla finzione. E il significato generale è quello del ritratto feroce di uno di quei nefasti imbecilli che certi popoli sembrano portare iscritti nel loro destino.