Sono percorsi amorosi insolenti quelli che ci racconta Carlos Fuentes. Un ménage à trois per spingere il desiderio oltre il limite e non farlo appassire perché, come dichiara Leo Casares, «bisogna avere molta mancanza d’immaginazione, per rompere una relazione amorosa». Una donna incatenata a un letto sopporta passivamente il sadismo del marito, convinta che anche nella tortura più ignobile si celi l’amore. La stabilità sentimentale di una coppia omosessuale viene minacciata dalla tentazione erotica di un giovane corpo. Sono percorsi familiari violati. Obbligate dal testamento del padre a ritrovarsi ogni anno davanti alla sua tomba, tre sorelle si riconoscono vittime della natura malata dell’amore paterno. Una madre scrive all’assassino della fi glia raccontandogli i sogni e gli amori della sua Alessandra, chiedendogli le ragioni della violenza. Un padre posto dinanzi al doloroso dilemma di decidere quale tra i suoi due figli dovrà essere fucilato. Sono racconti che si aprono con una citazione di Tolstoj e si chiudono con un omaggio a Conrad, passando per Bataille: «La società dei consumi fu inventata dagli atzechi. Consumavano cuori». In un continuo flusso di coscienza i personaggi parlano di sé e si svelano impudicamente al lettore, divenendo protagonisti e vittime della loro commedia. Sono storie di famiglie come tante, felici e infelici, singolari e universali, intercalate dal coro di voci di un’umanità che si muove ai margini di queste vite, sotto il sole cocente e sulle strade polverose del Messico: mendicanti, orfani, ragazze stuprate, bande assassine, traffi canti di droga. Tutte le famiglie felici è la polifonia narrativa di uomini e donne e bambini che danzano tutti, consapevoli e inconsapevoli, nel grande circo della vita.