Il delitto seriale perfetto, ci rivela questo libro, è possibile. Basta scegliere una città in cui violentare, torturare e uccidere donne – preferibilmente giovani, e immigrate dalle miserabili campagne circostanti – è consentito. Quindi occorre assicurarsi la complicità della polizia, che si occuperà di dirottare sistematicamente le indagini su alcuni presunti psicopatici. E infine bisogna muovere tutti i pezzi della scacchiera in modo tale che il governo non interferisca e le multinazionali per cui le vittime nella maggior parte dei casi lavorano non facciano domande. È possibile che una storia così concepita risulti troppo oliata e impeccabile per essere una finzione. E infatti è vera, fin nei minimi, e raccapriccianti, particolari. Ha avuto inizio più di dieci anni fa a Ciudad Juárez, nello Stato messicano del Chihuahua, e prosegue a un ritmo orrendo e implacabile. I giornali e le televisioni di tutto il mondo cercano da tempo di raccontarla, ma la prima ricostruzione attendibile, costata anni di indagini e innumerevoli rischi personali, è quella fornita dalla drammatica inchiesta di Sergio González Rodríguez, dove cifre, documenti e testimonianze di prima mano tracciano i contorni fin qui inimmaginabili di un orrore tuttora senza nome, ma da cui è impossibile distogliere lo sguardo.